martedì 27 gennaio 2015

Recensione film "La teoria del tutto". #CinemaTonic

“E' chiaro che noi siamo solo una razza evoluta di primati su un pianeta minore, che orbita intorno ad una stella di medie dimensioni nell'estrema periferia di una fra cento miliardi di galassie... Ma... Fin dall'alba della civiltà, l'uomo si è sempre sforzato di arrivare alla comprensione dell'ordine che regola il mondo. Dovrebbe esserci qualcosa di molto speciale nelle condizioni ai confini dell'universo. E cosa può essere più speciale dell'assenza di confini? Non dovrebbero esserci confini agli sforzi umani. Noi siamo tutti diversi, per quanto brutta possa sembrarci la vita, c'è sempre qualcosa che uno può fare e con successo. Perché finché c'è vita... c'è SPERANZA!”

E’ questa la frase che mi ha colpito dell’intero film, una storia, quella di uomo o forse per meglio dire dell’UOMO: Stephen Hawking e la sua “Teoria del tutto”.
Non voglio raccontare la storia,, non è questo quello che mi spinge a scrivere, ma voglio parlare della vita, della forza di volontà, della speranza.
Perché è questo quello che il regista ha voluto trasmettere al suo pubblico: LA SPERANZA.


Stephen è un ragazzo comune, o per meglio dire lo sembra.

Studia fisica all’università di Oxford, si laurea e inizia a Cambridge il suo dottorato.
Conosce Jane ad una festa, una ragazza qualunque, dolce.
Si conoscono, si frequentano, si innamorano.

Ok, sembrerebbe una storia destinata a grandi cose, ma purtroppo la vita non è sempre benevola con le coppie innamorate.
Stephen accusa dei sintomi, dei minuscoli episodi che sfociano in una diagnosi: atrofia muscolare progressiva. 
Prognosi: due anni.
Una vita distrutta, apparentemente finita, la brillante carriera che si prospettava per lui, troncata da una malattia degenerativa.

Ecco è qui che inizia il vero film, è qui che inizia la storia vera, è qui che i personaggi si mostrano per quello che sono davvero.
Stephen, capisce che il tempo rimastogli deve essere convogliato nella ricerca scientifica, decide quindi di basare la tesi del suo dottorato sulla nascita dell’universo, sulla possibilità di dare al tempo un inizio.
Conosciamo tutti Hawking per le sue scoperte in campo scientifico e fisico, ma in questo film ci viene mostrato come un uomo, che combatte, che sopporta, che riesce a convivere con la sua malattia.
Ma come sempre, accanto ad un grande uomo, c’è sempre una grande donna ed è lei che viene esaltata per quasi tutto il film: mette da parte se stessa per amore, affronta la tragicità della malattia del marito, con forza e costanza.
Gli resta accanto nei momenti difficili, lo sostiene, diventa il suo pilastro.

Gli anni passano, Stephen continua a vivere (se vita si può chiamare), ma peggiora di giorno in giorno: prima le gambe atrofizzate, (non può più camminare), poi le braccia (non riesce a mangiare), non riesce a deglutire, e in seguito a parlare.
Eppure, il suo stato d’animo non cambia, resta sempre quel ragazzo brillante ed entusiasta che abbiamo intravisto nelle prime scene: anche quando Jane crolla psicologicamente, lui è li, a ricordarle quanto si amano.

In questo film, la storia d’amore si evolve, cambia, ma non nel modo in cui si crede.
Non è l’amore a cambiare, a diminuire o a crescere, ma è il rapporto ad evolvere.
Jane e Stephen continuano ad amarsi, esattamente come il primo giorno, ma sono umani, e le relazioni umane non sempre si possono standardizzare.
Jane è una donna con la voglia di avere accanto un uomo che possa amarla e proteggerla e Stephen purtroppo questo non ha mai potuto farlo.
Ed è in una scena per l’esattezza, che Stephen si fa da parte, che finalmente dopo anni in cui la moglie ha dedicato tutta la sua vita a lui, capisce che è arrivato il momento di lasciarla vivere.
Gli è grato per tutto quello che ha fatto, per la forza con cui lo ha stimolato e spinto nelle sue ricerche, ma arriva alla consapevolezza che anche lei ha bisogno di qualcuno che se ne prenda cura.
La “lascia”, le permette di farsi una vita, mentre lui continua nei suoi studi sull’universo e sulla possibilità di racchiudere all’interno di un equazione la nascita di tutto.

Ho trovato questo film stimolante, capace di far riflettere sul tempo, su come questa “quarta” dimensione costituisce la nascita di tutto.
Hawking tramite la sua vita ha voluto insegnarci che l’uomo non deve curarsi dello scorrere del tempo, le sue azioni non devono avere confini o limitazioni, perché ognuno di noi nella propria vita può fare grandi cose, se solo ha la forza di crederci.

Il voto per questo film è 5/5.

Concludo con un passo tratto dal suo libro: “A Brief history of time”.



“Viviamo in un mondo che ci disorienta con la sua complessità. Vogliamo comprendere ciò che vediamo attorno a noi e chiederci: Qual è la natura dell'universo? Qual è il nostro posto in esso? Da che cosa ha avuto origine l'universo e da dove veniamo noi? [...] quand'anche ci fosse una sola teoria unificata possibile, essa sarebbe solo un insieme di regole e di equazioni. Che cos'è che infonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo che possa essere descritto da esse? L'approccio consueto della scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere alle domande del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Perché l'universo si dà la pena di esistere? [...] Se però perverremo a scoprire una teoria completa, essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali, e non solo a pochi scienziati. Noi tutti – filosofi, scienziati e gente comune – dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e l'universo esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio.”

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